foto_Basilica_MarcoLeoneLa prima lettura presenta un dialogo tra il popolo d’Israele e Mosè, l’uomo al quale il Signore aveva affidato il compito di guidarlo in suo nome ed il compito di farlo uscire dalla schiavitù, proiettandolo in una esperienza di libertà.
«In quei giorni – abbiamo letto proprio all’inizio della prima lettura – il popolo non sopportò il viaggio».
Al popolo di Israele è capitato quello che capita a noi, nella nostra vita individuale e comunitaria: ci stanchiamo, ci scoraggiamo. A volte perché non ci fidiamo del Signore che ci invita, altre volte lo facciamo perché siamo distratti da proposte diverse da quelle che Lui, il Signore, ci fa. Ci stanchiamo e ci scoraggiamo perché forse coloro che il Signore ci ha affidati come guida stentano loro stessi ad avere un passo entusiasta e credibile.
Sta di fatto che «il popolo non sopportò il viaggio». Tanto che comincia anche a prendersela col Signore; e questo comportamento gli fa pagare anche un prezzo pesante: « … serpenti brucianti mordevano la gente e un gran numero di Israeliti morì».
Insomma una situazione difficile, come tante faticose situazioni che noi stessi viviamo.
La svolta sta in un atto di consapevolezza e di sincerità di Mosè: «Mosè pregò per il popolo» e, in obbedienza al comando del Signore, « … fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita». …

omelia_06_03_2015