Lungo la riva del nostro quotidiano – Ricordate quanto abbiamo meditato domenica scorsa? Erano storie di vocazione: Samuele, il giovane che apre il cuore e l’esistenza alla parola di Dio, divenendo suo profeta; i due discepoli del Battista, che seguono Gesù e ci indicano come l’essenza del Cristianesimo sia abitare con Lui, condividere il suo sguardo, i suoi progetti, la sua vita.
Su questo sfondo ora ci viene presentata la figura di Giona – conosciuto come profeta recalcitrante, ma finalmente disponibile – con il forte appello che rivolge a Ninive.
Nel Vangelo è Gesù che, passando lungo la riva del mare, chiama i primi apostoli. La sua parola li raggiunge nel loro lavoro quotidiano, in una cornice che non ha nulla di sacrale: sono pescatori e stanno riassettando le reti, diventano modello di quanti aderiscono senza esitazioni al Vangelo.
Tanto agli abitanti di Ninive quanto ai discepoli è chiesto un lasciare: nel primo caso, si tratta di abbracciare una conversione che allontana da ogni condotta malvagia; nell’altro, comporta un abbandonare le sicurezze materiali – le reti, la barca – e addirittura anche quelle affettive, rappresentate dal padre.
Da dove può nascere in noi analoga disponibilità? La risposta è affidata ai pochi versetti con cui si apre il brano evangelico, dove troviamo le prime parole dette da Gesù in pubblico. Risuonano in Galilea, regione screditata agli occhi dei farisei perché in essa la religione e la cultura ebraica si mescolavano con un ambiente pagano. Non a caso, anche le apparizioni del Risorto avvengono in Galilea, terra dunque che apre e chiude il Vangelo: e non è forse immagine anche del mondo in cui abitiamo noi oggi, nel quale si intrecciano problemi di lavoro, contraddizioni, gioie e fatiche quotidiane, e dove il Signore non si stanca di manifestare la sua presenza?
Eccole, dunque, le parole di Gesù: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1, 15). Sono, a ben vedere, parole programmatiche di cui tutta la sua vita sarà segno. Ci dicono che nel tempo presente – non in un altro – Dio comincia a portare a compimento le sue promesse, esercita la sua signoria sul mondo, mostra la salvezza e la offre a ogni uomo. Il regno di Dio, che in Gesù già si rende presente, non riguarda solo una dimensione individuale o intimistica, ma l’intera società: è vittoria dell’odio sulla violenza, è sconfitta di ogni cultura di morte, è espressione di giustizia e di bene per tutti i poveri. Con la prima lettura ricordiamoci che il Padre si prende cura di ogni Ninive.
Il regno di Dio, però, non s’impone. Cerca uomini e donne disposti ad accoglierlo – ecco la conversione! – e ad affidarsi al Vangelo, sapendo che per ciascuno comporta anche un dover lasciare. Dalla libertà che ne sgorga fioriscono gesti di condivisione e concreti impegni di vita.
Omelia del 25 gennaio 2015