Stiamo celebrando le ultime settimane del Tempo di Pasqua, che giungerà al suo compimento pieno nella solennità della Pentecoste. Le letture della liturgia domenicale continuano a proporci quanto vissuto, come conseguenza della Pasqua stessa, dalla prima comunità cristiana: una comunità che cresce intorno alla Parola, che è appassionata per l’esperienza fatta con Cristo… ma anche una comunità che, presto, deve fare i conti con problemi concreti ed inediti a cui dare soluzione.
A questa comunità, così umana e, al tempo stesso, fortemente connotata dalla gioia e dalla speranza pasquale, si rivolge l’esortazione di S. Pietro (seconda lettura): “Rendete ragione della speranza che è in voi”. In altre parole, Pietro chiede ai cristiani un atteggiamento “nuovo”: siate franchi nella vostra testimonianza di Cristo Risorto; ciò che fate ed operate perché suoi discepoli, sia per chi vi incontra l’occasione per conoscere, attraverso di voi, Lui e il suo Vangelo. Non servono frasi fatte, né parole eloquenti, tantomeno infingimenti; ciò che occorre è una vita cristiana appassionata e coerente, che lasci trasparire il volto di Cristo, senza equivoci o ambiguità. Certo, in alcuni momenti questa testimonianza sarà – come quella di Filippo (prima lettura) – più entusiasta e generosa; in altri frangenti, essa potrà anche avere il sapore amaro della fatica e della sconfitta. Su tutto ciò, però, emerge la promessa di Gesù ai discepoli (Vangelo): “Non vi lascerò orfani… il Padre vi darà un altro Paràclito (= consolatore)”, che è lo Spirito Santo.
E qual è il primo compito del Consolatore promesso dal Signore? È quello di aiutarci a non soccombere quando (e capita spesso!), nella nostra vita, facciamo esperienza di peccato. Compito dello Spirito di Dio è quello di farci cogliere e vivere autenticamente il senso dell’espressione che apre il Vangelo di oggi: “Se mi amate, osservate i miei comandamenti”. I comandamenti, le leggi del buon Dio, non ci sono dati come una sorta di specchio, nel quale vedere riflesse le nostre brutture e incoerenze, magari per dire “Dio mio, come sono ridotto!». No, la Parola di Dio ci è data come Parola di vita, che trasforma, che rinnova, che non giudica per condannare, ma sana per il perdono. Una Parola che è luce ai nostri passi. E tutto questo è opera dello Spirito di Dio.
La splendida sequenza che pregheremo insieme nel giorno di Pentecoste è proprio così che ci presenta lo Spirito Santo: Egli è il dono di Dio, è Dio stesso, che ci aiuta ad essere persone libere, persone che vogliono e sanno amare, persone che hanno compreso che la vita è una missione per annunziare le meraviglie che Dio compie in chi si fida di lui. È questo il Cristianesimo del quale Pietro ci invita a dare ragione, non con arroganza e presunzione, ma con dolcezza e umiltà.