Sono certo che altri più e meglio di me, in questi giorni, contribuiranno ad approfondire il tema posto a oggetto di questo Congresso.
Il mio breve contributo ha un limite: parte dalla mia esperienza di prete e di Vescovo chiamato spesso – per via del compito affidatomi – a comunicare, con altri e con tutti i limiti del caso, il pensiero della Chiesa italiana su temi di varia natura.
Non deve sembrarvi paradossale se vi dico che la pratica (non solo il tema) della NONVIOLENZA mi tocca particolarmente. Mi tocca però in una dimensione che a voi potrebbe sembrare riduttiva; ma, dal mio punto di vista, credetemi, non lo è affatto. Non è riduttivo soprattutto quando passo in rassegna ambiti che oggi registrano un alto tasso di violenza e domandano quindi un surplus di nonviolenza, di vera e propria azione di disarmo. Non oso dire che il disarmo cui faccio riferimento e che auspico in quello che sto per dirvi sia importante quanto quello più vistoso del togliere le armi dalle mani di uomini e organizzazioni che è difficile non annoverare tra le categorie più altamente delinqueziali con le quali si possa avere a che fare; … però starei attento a non sottovalutare la violenza e la aggressività che si registra in maniera sempre più virulenta nelle relazioni. Da quelle che si intrattengono a livelli individuale a quelle che si sviluppano tra gruppi, nazioni, partiti ecc.
Alla luce di quello che tutti viviamo, a me sembra che sia davvero urgente oggi estendere in maniera chiara e inequivocabile l’azione nonviolenta e il disarmo ad alcuni ambiti particolari. Credo ci sia bisogno urgente di una maggiore consapevolezza del legame stretto che talvolta corre tra il ricorso alle armi convenzionali e l’uso spregiudicato del linguaggio, dei giudizi e dell’informazione. Mi fermo agli ambiti più vistosi che restituiscono alla nonviolenza – se volete, in maniera aggiornata – il suo carattere di impegno politico e la sua dimensione profetica.