La gioia di Pasqua continua a riempire i nostri cuori: Gesù ha mantenuto la sua promessa, il terzo giorno è risuscitato e ci ha ridato la vita.
Ad ascoltare il vangelo odierno, però, sembra che nei discepoli questo avvenimento, promesso come giorno di vittoria, tardi a produrre una reale novità. Così, i due discepoli di Emmaus ritornano verso casa tristi e delusi, soli con la loro amara sconfitta. A tal punto che nemmeno la vicinanza fisica del Risorto riesce immediatamente a provocare in loro un sussulto, un cambiamento, una speranza.
“…Gesù in persona si avvicinò a loro…”. Essi parlano, discutono, raccontano la loro amarezza a quello straniero che li affianca nel sentiero verso casa. Solo quando sono seduti a tavola, nel momento in cui Gesù spezza il pane, il “terzo giorno” di Dio diventa anche il “terzo giorno” dell’uomo! La fatica di riconoscere in quello straniero straniero Gesù risorto, tanto simile alla fatica fatta da Tommaso per arrivare a professare la sua fede, vuole indicarci che la Pasqua non è un avvenimento magico. Il Signore, infatti, mostra di rispettare profondamente la storia dell’uomo, si pone accanto alla sua esperienza di delusione e di paura, si pone accanto a lui ed attende; ma non passivamente. Anzi, lo aiuta a caricare di senso l’attesa, fino al momento in cui si aprono i suoi occhi, arde il suo cuore ed egli può riprendere il cammino per testimoniare la sua esperienza di Pasqua. Così accade ai due discepoli di Emmaus. Il loro viaggio da Gerusalemme verso casa, dunque, è un ritratto vivissimo della crisi di fede e della delusione che ne consegue. Al tempo stesso, però, il racconto evangelico, presentando Gesù Risorto che si affianca ai due, ci assicura che questo viaggio non lo facciamo mai da soli, come ci ricordano anche le parole di S. Teresa d’Avila: “Ogni nostra oscurità trascina sempre con sé una gemma di luce”.
Tra i tanti elementi che caratterizzano questo brano, vorrei sottolinearne uno soltanto. Il fatto che gli studiosi non si siano mai accordati sull’identificazione di alcuni elementi che entrano nel racconto del viaggio verso Emmaus, mi porta ad affermare che il luogo dell’incontro col Signore Risorto che ridona speranza può essere ovunque e in qualsiasi momento, purché abbiamo il coraggio di aprire a Lui il nostro cuore. “Quanto a me, perpetuo viandante di quella simbolica strada – ho letto da qualche parte – se devo scegliermi qualcuno in cui riconoscermi nell’umano formicolio di questo straordinario paese, sento e voglio essere, in quest’ora a tre, il discepolo ignoto e senza nome che fa da tacito comprimario a Cleopa”.
Per quanto arduo e faticoso possa essere il nostro cammino, percorriamolo sempre con fiducia e speranza: certamente il Risorto sarà accanto a noi e aprirà i nostri occhi alla vita nuova.
» III Domenica di Pasqua, 30 aprile 2017