La liturgia della II domenica di Avvento è dominata dalla figura del Battista, un uomo che ripropone con una travolgente radicalità la predicazione dei profeti, invitando alla conversione.
La descrizione che ne fa Matteo ce lo presenta come un uomo, sì, vestito di peli di cammello, ma certamente “senza peli sulla lingua”: un personaggio singolare, sobrio, essenziale, autenticamente anticonformista e dotato di grande immediatezza. Un profeta che impaurisce e affascina; egli pratica un’austerità che può forse suscitare timore, ma che, allo stesso tempo, attira folle di ascoltatori e di seguaci. Insomma, Giovanni è uno di quelli che spesso vengono definiti “una persona scomoda”.
É questa la guida che oggi ci viene data per il nostro cammino verso il Natale, per fare di noi degli uomini e delle donne che si sentono autenticamente in cammino verso il Signore. Uomini e donne chiamati a percorrere le vie di Dio, vie che attraversano il deserto, paesaggio aspro e arido, luogo di fatica; ma anche spazio in cui il Signore si fa incontrare, dà il suo pane, fa sentire la sua vicinanza. “Preparate nel deserto la via del Signore!” è l’invito che ci rivolge oggi il Battista.
Ma come concretamente Giovanni ci aiuta a preparare la via del Signore, nel deserto della nostra vita? Con la sua vita e con il suo insegnamento. Il Battista è uno che ha fatto scelte forti, ha preferito l’aridità del deserto, luogo di solitudine, d’essenzialità, di tentazione, ma anche luogo di incontro con Dio. Il suo insegnamento, oggi, è condensato nell’invito alla conversione. “Convertitevi!”, un appello che abbiamo ascoltato tante volte e che, forse, noi stessi abbiamo anche rivolto agli altri, magari senza averne approfondito il senso e senza aver bene messo in conto le esigenze della conversione.
Alcune di esse sono imprescindibili, perché il nostro “riorientarci” al Signore sia autentico. Aprirsi agli altri, con gli stessi sentimenti di Gesù Cristo, con quella cordialità che è possibilità offerta all’altro di avere accesso al mio cuore, alla mia interiorità. Non solo aprirsi agli altri, ma anche farsi carico degli altri, facendo nostre le parole che amava dire don Milani, “I care”, cioè “mi interessa e mi sta a cuore la tua sorte”, con un atteggiamento che ci affranca dalla sindrome di Caino: “Sono forse io il guardiano di mio fratello?”. E questo con una sollecitudine particolare per i fratelli più deboli e poveri, di cui Dio si prende speciale cura.
Ma conversione è anche compiere gesti di riconciliazione, imparando se necessario a confessare le nostre colpe ai fratelli, un atto che spodesta il nostro orgoglio e la nostra superbia, aprendo la strada al realizzarsi della visione di Isaia (prima lettura).
Ci conceda, dunque, il Signore di “preparare la sua via” con impegno e generosità.