Abitare le parole / Coerenza – Rubrica de “Il Sole 24ore” – Cultura
«Credere in qualcosa e non viverla, è disonestà», sosteneva Gandhi. Non è un mistero il carattere polisemantico di alcune parole: il loro significato risente per lo più del contesto nel quale vengono utilizzate. La coerenza ha sostanzialmente due significati: a) «Intima connessione e interdipendenza di parti»; b) «Costanza logica o affettiva nel pensiero e nelle azioni». I due significati – il primo più usato nelle scienze naturali, il secondo nel linguaggio comune – hanno una loro “coerenza” interna: entrambi si riferiscono alla relazione “logica” fra parti di uno stesso organismo. Nel caso dell’ uomo, la coerenza è l’ intima connessione e interdipendenza fra pensiero e azioni, tra decisione e impegno teso a realizzarla. La chiarezza con la quale è possibile “definire” la coerenza è inversamente proporzionale alla sua pratica. Senza che sia stato cancellato dal vocabolario, assistiamo di fatto a un esilio del termine e più ancora della sua pratica. Il nostro mondo, a tutti i livelli, è pieno di persone che presumono di insegnare il giusto e di legiferare sul bene comune mentre vivono in modo platealmente distante da quello decidono per gli altri. Si pensi a un tema di forte attualità: la riforma delle pensioni – con tagli economici e tagli alla speranza per i giovani – effettuata, votata e sostenuta da soggetti con pensioni d’ oro. Ancora: vi sono persone talmente evolute che sui “social” hanno migliaia di “amici”, ma che concretamente (o coerentemente?) non sono disposte ad usare un istante del proprio tempo per intuire esigenze, bisogni, emozioni della schiera di amici che si vantano di avere. Nell’ ambito del lavoro, poi, siamo abituati a darci appuntamenti e scadenze che nessuno rispetterà mai, prendiamo impegni che nessuno onorerà mai, prendiamo decisioni contrarie alla nostra volontà. E perdiamo credibilità, soprattutto ai nostri occhi, davanti alla nostra coscienza e, ciò che è peggio, davanti ai nostri giovani. «I giovani – diceva Sandro Pertini – non hanno bisogno di sermoni, ma di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo». È vero: se la coerenza è «quando ciò che dici, ciò che fai e ciò che pensi è ciò che sei» può capitare anche di non riuscire a essere coerenti. Le decisioni prese a maggioranza possono non rispettare ciò che pensi e ciò che sei; le decisioni prese da altri possono costringerti a cambiare i tuoi comportamenti. Ma il rispetto di una decisione contraria alla propria volontà non è necessariamente mancanza di coerenza: può essere rispetto delle regole democratiche e/o delle persone che sono sempre oltre la legge e oltre le regole. Invocare invece la coerenza per non cambiare mai idea o opinione è mancanza di intelligenza, nel senso di intus legere (stare dentro) la storia. A fronte dei momenti di solitudine che spesso accompagnano l’ esercizio della coerenza, ricordo Camus: «Che cos’ è la felicità se non il sincero accordo tra un uomo e la vita che conduce?». (testo completo)