Dover condividere, in questa rubrica, esperienze che mi toccano particolarmente diventa per me anche occasione per dare unità e ritrovare il filo rosso che lega i tanti impegni che occupano le mie giornate. A dar loro unità in questi giorni è stata soprattutto l’esperienza della libertà.
Una libertà rifiutata da chi resta vittima di dipendenze di vario segno; una libertà resa più bella quando è vissuta in un contesto di reciproca e sincera donazione; infine, una libertà che va cercata e difesa con grande fatica, in un mondo e all’interno di dinamiche che tendono a schiacciarla.
L’occasione per attraversare queste esperienze mi è stata offerta da due incontri e da una lettura. Comincio da quest’ultima perché, pur riguardando un brano letto tante altre volte, in questa occasione m’è parso particolarmente significativo. Penso infatti che capiti, a chi ha un minimo di avvedutezza, di imbattersi in brani noti, ma che sono capaci, per motivi a volte misteriosi, di sprigionare sensazioni impreviste. A me è capitato leggendo un brano nel quale l’Evangelista Giovanni (21, 1-19) riporta un intenso e, per certi versi, imbarazzante dialogo tra Gesù e Pietro. Le domande che con affettuosa ossessione Gesù gli rivolge mostrano il bisogno che anche lui avverte di ricevere amicizia autentica. (testo completo)
Il Sole 24 Ore – Editoriali e commenti / Testimonianze dai confini – 16 aprile 2016 – Pagina 22