La XXXI domenica del Tempo Ordinario coincide quest’anno con la solennità di Tutti i Santi, che perciò ne prende il posto nella liturgia. Un’occasione preziosa per soffermarci a riflettere sulla “santità” del cristiano, dono e chiamata per ciascuno di noi.
Ma chi sono i santi e cosa fanno di speciale per essere considerati tali? Nel vivere questa festa, che li celebra tutti insieme, infatti, dobbiamo evitare un rischio: quello di considerarli come dei puri simboli, degli “esseri umani alieni”, ammirevoli ma “irraggiungibili”, troppo diversi da noi e, quindi, estranei alla nostra quotidianità. Un rischio che deriva dalla convinzione, del tutto errata, che la santità consista in una specie di “abilità” che l’uomo può acquisire con le sue sole forze, a suon di “buone opere”, meglio ancora se realizzate con grandi sforzi e sacrifici. In questa falsa prospettiva, l’uomo si “farebbe santo” da sé, nel maldestro tentativo di “somigliare” il più possibile a Dio, il Santo per eccellenza. E chi non ci riesce, a causa dei propri limiti e cadute, magari finisce per scoraggiarsi e per rinunciare.
Ma la santità è ben altro. E’ innanzitutto dono di Dio per ciascuno di noi, è grazia che non meritiamo, né possiamo “comprare” in alcun modo. E’ partecipazione reale alla vita divina, resa possibile dallo Spirito Santo che abita in noi. E’ essere inseriti in Gesù Cristo, per vivere con Lui ed in Lui da “figli di Dio”. E’ vivere in piena comunione con Dio, già adesso, durante il pellegrinaggio terreno. Di tutto questo dobbiamo sempre più prendere coscienza e rendere grazie con la vita al Signore.
Ma la santità, oltre che dono, è anche “chiamata”, è vocazione comune a tutti coloro che hanno ricevuto il battesimo. Non un “livello superiore”, dunque, riservato a pochi eletti particolarmente “dotati”, bensì la via di pienezza che ciascun cristiano è chiamato a percorrere nella fede, avanzando verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna.
Così la santità diventa da parte nostra anche “risposta” al dono di Dio, assunzione di responsabilità e collaborazione fattiva alla Grazia. Ecco allora che entrano in gioco anche le nostre povere forze, nel senso del pieno coinvolgimento di tutto ciò che siamo – che Dio ci dona di essere – nella realizzazione della nostra vocazione personale. A questo livello assume valore anche il nostro impegno, la nostra costanza, la fedeltà e, quando necessario, anche il sacrificio. Tutte dimensioni che riconosciamo e ammiriamo in modo esemplare proprio nei nostri fratelli e sorelle “santi” che oggi celebriamo nella liturgia. Guardando alla loro vita, impariamo a condividerne le tappe, le difficoltà, le cadute e i traguardi: essi sono i testimoni credibili di una santità “a misura d’uomo”, che ora tocca a noi vivere in prima persona.