Stresa, 25 agosto 2015
Premessa
Il tema che sto per affrontare si collega a quello del II corso dei Simposi rosminiani, celebrato nell’anno 2001, a ridosso della Nota emanata dalla Congregazione della Dottrina della Fede che ha interpretato il decreto Post obitum in modo da consentire la beatificazione di Rosmini. Il ripercorrere gli atti di quel simposio – dal titolo “La fine della persona?” – mi consente innanzitutto di rivolgere una memoria riconoscente a due dei suoi protagonisti, che hanno terminato la loro esistenza terrena nel frattempo, il prof. Antimo Negri e il prof. Giovanni Reale. Quanto, poi, ai contenuti ritengo non si possa affrontare il tema della centralità della persona prescindendo dalla problematicità (per certi versi, ambiguità) della nozione stessa di persona né penso si possa ignorare quanto scomodo e culturalmente rischioso sia pensare la nozione di persona posta all’incrocio fra natura e cultura, sostanza ed esistenza, cogliendone l’intrinseca paradossalità.
Nonostante questo, o proprio grazie a questo, sento il bisogno di sottolineare come, solo un recupero della centralità della persona permette di oltrepassare e superare quelle forme di colonialismo ideologico, dalle quali in più occasioni ci mette in guardia papa Francesco, con una consapevolezza che affonda le sue radici nel percorso del personalismo del Novecento, che trova in un importante saggio di uno dei fondatori di Ésprit, Jean Lacroix, la sua formulazione nei termini de Il personalismo come anti-ideologia.
Tutto questo mi permette di dire che il tema del Simposio di quest’anno ci colloca in maniera problematica al centro della questione più rilevante per l’uomo e la società di oggi: quella antropologica. Porsi sulle tracce dell’umano – come suggerisce il titolo di queste giornate, per coniugare insieme persona, psiche e società, alla luce dell’illuminato insegnamento di Antonio Rosmini – rappresenta per noi, e indirettamente per tutta la comunità civile e cristiana, una grande fonte di arricchimento. Risulta evidente il prezioso servizio che occasioni come questa rendono al cammino della Chiesa italiana verso Firenze, ma soprattutto agli sviluppi fecondi che tutti ci auguriamo di quel convenire.
Il mio intento non è quello di compiere uno studio storico o semplicemente teoretico sul pensiero di Rosmini, ma di raccogliere le sue intuizioni e ascoltare le sue analisi per formulare un pensiero che sia motivo di crescita e di rinnovamento sia per la vita personale che per quella associata.
Il trinomio posto a tema di questo XVI Simposio (persona, psiche e società) suggerisce di comprendere l’essere dell’uomo senza trascurare gli aspetti psicologici che ne determinano le scelte e l’operare; suggerisce cioè di tenere sullo sfondo i risultati delle scienze umane, e in particolare di quelle psicologiche e sociali, in così rapido sviluppo. Delle neuroscienze e di altri significativi approcci all’umano ci siamo occupati lo scorso anno e salutiamo con interesse i testi pubblicati negli Atti. In ogni caso degli studi scientifici, Rosmini ha sempre raccolto il contributo e con essi si è posto in un proficuo dialogo, pur muovendo una critica radicale a quelle prospettive scientiste tendenti a separare gli elementi costitutivi della persona, distorcendone l’immagine. Il motivo dell’unità e della centralità della persona infatti è senza dubbio il contributo più significativo del pensiero rosminiano; e questa è la prospettiva dalla quale muoverò in questo mio intervento, tentando di cogliere alcune delle implicazioni della sua visione unitaria per l’antropologia, il discorso sulle scienze, il diritto e la società. Sono queste le questioni che cercherò di toccare, consapevole di poterlo fare solo per cenni.
» STRESA – Simposi Rosminiani, 25 agosto 2015 (doc)