Al centro del Vangelo delle ultime domeniche, la figura – carica di tenerezza – di Gesù che va incontro alla folla. Nella narrazione odierna la prospettiva muta: è la folla, saziata da Gesù, che si mette nuovamente alla sua ricerca. Prolungando nel tempo la scena, possiamo scorgere, mescolati tra la folla, anche i nostri volti e, con noi, quelli di tutti i “cercatori di Dio”. Che sono ancora tanti, nonostante le apparenze, anche se a volte non sappiamo riconoscerli, magari perché usano un linguaggio loro e modi di fare poco comprensibili in base agli “standard” cui siamo abituati. Ma è il sincero desiderio di incontrare Dio che accomuna tutti noi alla “folla” che segue Gesù.
Certo, commuove il rapporto che si stabilisce tra Gesù e la gente, questa reciproca attenzione e questo reciproco cercarsi. Tuttavia, a leggere bene la reazione di Gesù, sembra che a Lui tutto questo non basti! Non gli basta che la gente lo cerchi, vuole che la gente conosca chi Lui è. Gesù vuole che il cercarlo e l’incontrarlo servano a cambiare qualcosa nella vita delle persone. Perciò, rivolto alla folla, esclama: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”.
E’ proprio così, quando troviamo qualcuno che, gratuitamente, ci “sfama”, facilmente lo osanniamo o lo mettiamo “sul trono”, “a governare”, perché crediamo di avere risolto così a buon mercato le nostre ansie quotidiane. Ma di quel qualcuno ci interessano solo i possibili benefici, non la persona in sé. Perciò Gesù, consapevole di questo rischio, invita la gente a cambiare prospettiva: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà”. Un cibo che, ogni giorno, Gesù continua a donarci: la sua Parola, il suo Corpo, il suo Sangue.
La folla ascolta l’invito del Signore, ma non ne comprende il vero significato. Proprio come capita anche a noi, quando per paura di “irritare” Dio (e magari, perdere i suoi benefici), anziché metterci in suo ascolto, ci affanniamo a compiacerlo formalmente, ma senza amore, credendo di accreditarci ai suoi occhi a suon di “buone opere”. La preoccupazione della folla è anche la nostra: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. E Gesù risponde che “l’opera di Dio” non consiste nel “fare” cose, ma nel “credere” in Colui che egli ha mandato. E se ci lasceremo coinvolgere in questo rapporto d’amore e di fiducia con Gesù, saremo anche capaci di compiere “opere buone” che profumano di Vangelo, per il bene e le necessità dei fratelli, non come “moneta di scambio” per ottenere favori divini.
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”: fa, o Signore, che possiamo, ogni giorno, avere fame e sete di te.