Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Coscienza – David Chalmers considera, quello della coscienza, “The hard problem”. In linea con la convinzione del filosofo australiano, nel suo libro La galassia mente, R. Levi Montalcini afferma che capire in quali circuiti cerebrali risiedano la creatività e la coscienza è l’ultimo grande mistero e l’ultima sfida della biologia del Terzo millennio. Sono tante le associazioni di scienziati ed i progetti dedicati allo studio scientifico della coscienza. È di questi giorni l’avvio di un progetto di ricerca internazionale che coinvolge più di 500 ricercatori di Usa, Germania, Regno Unito e Cina, guidati dall’italiana L. Melloni, del Max Planck Institute for Empirical Aesthetics di Francoforte.
In attesa che su questo aspetto si possano conseguire risultati illuminanti, guardiamo alla coscienza nel senso in cui essa viene evocata dalla Costituzione italiana e in uno dei documenti più ispirati del Concilio Ecumenico Vaticano II.
“Ogni persona – recita l’Art. 10 della Costituzione italiana – ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”. E, “La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo”, si legge nella Gaudium ed spes (n.16). In entrambi i casi, possiamo dire con G.M. Edelman: “La coscienza è un processo, non un oggetto”; o, con E. Husserl: “La coscienza non è una cosa tra le cose, ma è l’orizzonte che contiene ogni cosa”.
Nella confusione che sovente regna nel nostro cuore, la coscienza è il luogo in cui matura e cresce la ricerca di una verità che dà libertà. Senza che ciò allontani del tutto dubbi, perplessità e desiderio di cercare ancora, dopo aver trovato. Perché la coscienza è, nello stesso tempo, reale e irriducibile. Di essa non ci si può sbarazzare, come tenta di fare chi vede in essa solo un ostacolo ingombrante sulla strada di comportamenti sciolti da ogni vincolo.
Storicamente la nozione di coscienza va oltre ciò che di essa ci consegna l’etimologia. Questa la fa derivare dal latino consciens (essere consapevole), participio presente di conscíre, composto da cum e scire (sapere, conoscere). Ma la coscienza è più della semplice consapevolezza che ho di me, delle mie azioni e di ciò che mi circonda. La coscienza mi pone in relazione con la sfera dell’interiorità nella quale maturano – attraverso ricerca, illuminazione e discernimento – decisioni che riguardano me, la mia vita, le mie relazioni, i miei giudizi e la direzione da imprimere a essi. In maniera libera e convinta. Ciò fa della coscienza un processo che porta con sé i tremendi ed esaltanti doni della libertà e della responsabilità. Se la prima suggerisce di dar esecuzione a certi progetti, lasciandone in disparte altri. La seconda ci ricorda che sempre siamo chiamati a render conto delle nostre scelte e ad assicurare ad altri la stessa libertà e la stessa responsabilità. Non c’è nulla infatti che giustifichi il tentativo di sostituirsi agli altri nelle loro decisioni, mettendo in atto veri e propri “abusi di coscienza”, soprattutto nei confronti di persone fragili e vulnerabili.